I gesuiti e la condizione della donna nella Chiesa e nella società civile
28 March 2013
CATEGORIEDocuments, Spirituality
TAGIntroduzione
[361] 1. La Congregazione Generale 33ª aveva fatto un breve accenno al “trattamento ingiusto e allo sfruttamento nei confronti delle donne” , presentando una lista di ingiustizie, nel contesto dei nuovi bisogni e delle nuove situazioni che i gesuiti erano chiamati ad affrontare nello svolgimento della loro missione. Noi vorremmo ora riprendere questo problema in maniera più specifica e sostanziale, visto che – nell’ambito della generale presa di coscienza su questo tema – sappiamo oggi molto più di prima che si tratta di un problema centrale per qualsiasi impegno apostolico che voglia integrare la fede con la giustizia. È, oltretutto, un problema di dimensioni universali, che tocca uomini e donne di tutto il mondo, che passa sempre più attraverso le barriere delle classi e delle culture e che rigrda da vicino coloro che lavorano con noi nella nostra missione, specie le laiche e le religiose.
La situazione
[362] 2. Il dominio degli uomini nelle loro relazioni con le donne si è manifestato in molti modi: discriminate nella possibilità di accedere ai mezzi educativi, costrette a portare pesi sproporzionati nella vita familiare, pagate con salari inferiori per il medesimo lavoro, limitate nell’accesso a posizioni di rilievo pur se ammesse alla vita pubblica, sottoposte purtroppo (e non cosi infrequentemente) alla violenza esercitata direttamente controdi loro. In alcune parti del mondo, questa violenza comprende la circoncisione femminile, la messa a morte per mancanza di dote, e l’uccisione di neonati di sesso femminile non desiderati. Le donne sono generalmente trattate come oggetti nella pubblicità e nei mass media e, in casi estremi, ad esempio per pubblicizzare il turismo sessuale internazionale, considerate come merce da trafficare.
[363] 3. Questa situazione, tuttavia, sta cambiando, soprattutto per merito del risvegiio del senso critico e per la protesta coraggiosa delle donne stesse; e anche molti uomini si sono uniti alle donne nel rifiuto di atteggiamenti che offendono la dignità sia degli uni che delle altre. Ci portiamo ancora dietro, tuttavia, l’eredità della discriminazione sistematica contro le donne. Lo si rileva all’interno delle strutture economiche, sociali, politiche, religiose e persino linguistiche delle nostre società, e spesso fa parte di pregiudizi culturali e di stereotipi profondamente radicati. Non a torto, molte donne ritengono che gli uomini siano stati molto lenti nel riconoscere la loro piena umanità, e rilevano che gli uomini si mettono sulla difensiva quando si fa loro notare la loro cecità.
[364] 4. Il pregiudizio contro le donne, naturalmente, assume forme diverse nelle differenti culture: occorre sensibilità per evitare di utilizzare una sola unità di misura nello stabilire cosa è discriminatorio; ma è certo che il fenomeno è universale. E in molte parti del mondo le donne, già duramente provate dalla guerra, dalla povertà, dalle migrazioni o da problemi razziali, vedono raddoppiare le loro sofferenze per il fatto stesso di essere donne: esiste una “femminilizzazione della povertà” e anche uno specifico “volto femminile dell’oppressione”.
La Chiesa affronta la situazione
[365] 5. L’insegnamento sociale della Chiesa, specie negli ultimi dieci anni, ha fortemente reagito contro questo persistere di pregiudizi e discriminazioni. Papa Giovanni Paolo II in specie, ha invitato tutti gli uomini e tutte le donne di buona volontà, e particolare i cattolici, a rendere realtà vissuta l’effettiva eguaglianza delle donne. Questo è un genuino “segno dei tempi” . Dobbiamo collegarci con gruppi interecclesiali e interreligiosi per far progredire questa trasformazione della società.
[366] 6. L’insegnamento della Chiesa, certo, promuove il ruolo delle donne all’interno della famiglia, ma sottolinea anche l’urgenza del loro contributo nella Chiesa stessa e nella vita pubblica, fondandosi sul testo della Genesi dove si parla dell’uomo e della donna come immagini di Dio (Gen 1,27) e riferendosi alla prassi profetica di Gesù nel suo rapportarsi alle donne. Questi riferimenti ci chiedono di modificare i nostri atteggiamenti e di lavorare per cambiare le strutture. Il piano originale di Dio era che uomini e donne vivessero in un amore fatto di rispetto, di mutuo scambio e di eguaglianza, e noi siamo chiamati a realizzare tale piano. Il tono di questa riflessione ecclesiale sulla Scrittura rende manifesto che esiste una reale urgenza di trasferire dalla teoria alla pratica queste idee, non solo aldi fuori ma all’interno stesso della Chiesa.
Il ruolo e la responsabilità dei gesuiti
[367] 7. La Compagnia di Gesù accetta questa sfida e si assume la responsabilità di fare quanto possiamo in quanto uomini e in quanto ordine religioso maschile. Non pretendiamo di parlare in nome delle donne, ma possiamo annunciare ciò che dalle donne abbiamo imparato su noi stessi e sulla nostra relazione con loro.
[368] 8. Dando questa risposta, nel mutato clima del nostro tempo, restiamo fedeli alla nostra missione: il servizio della fede del quale è parte integrante la promozione della giustizia. E rispondiamo anche tenendo Presente la nostra influenza – limitata ma significativa – all’interno della Chiesa, come gesuiti e come ordine religioso maschile. Abbiamo ben presente il danno apportato al Popolo di Dio, in alcune culture, dall’alienazione delle donne, che non si sentono più a casa propria nella Chiesa e non sono più in grado di trasmettere integralmente i valori cristiani alle loro famiglie, agli amici e ai colleghi.
Conversione
[369] 9. In risposta a tali responsabilità, noi gesuiti chiediamo anzitutto a Dio la grazia della conversione. Abbiamo fatto parte di una tradizione civile ed ecclesiale che ha recato offesa alle donne e, come molti uomini, scopriamo in noi la tendenza a dire a noi stessi che non esiste alcun problema. Magari senza volerlo, siamo stati spesso complici di una forma di clericalismo che ha rafforzato il predominio maschile dandogli il sigillo dell’approvazione divina. Riconoscendo questo, noi vogliamo reagire personalmente e comunitariamente, e intendiamo fare tutto quanto possibile per cambiare questa inaccettabile situazione.
Apprezzamenti
[370] 10. Noi sappiamo che la crescita della nostra fede e molta parte del nostro ministero sarebbero stati diversi senza l’impegno, la generosità e la gioia che le donne portano nelle scuole, nelle parrocchie e in altri campi dove lavoriamo insieme. Ciò è particolarmente vero se riferito al lavoro che le donne, laiche e religiose, fanno tra i poveri, in aree urbane e rurali, spesso in situazioni estremamente difficili. Molte Congregazioni religiose femminili, inoltre, hanno adottato gli Esercizi Spirituali e le nostre Costituzioni come base per la loro spiritualità e per il loro sistema di governo, costituendo così una sorta di famiglia ignaziana allargata. Religiose e laiche sono diventate, negli ultimi anni, esperte nel dare gli Esercizi Spirituali: come direttrici di Esercizi (specie per quelli “nella vita corrente”), hanno arricchito la tradizione ignaziana e la nostra comprensione di noi stessi e del nostro ministero. Molte donne hanno contribuito a riformare la nostra tradizione teologica, su linee liberatorie sia per gli uomini che per le donne. Noi vogliamo esprimere tutto il nostro apprezzamento per questi generosi contributi delle donne, e speriamo che questo mutuo scambio nei ministeri possa proseguire e rinvigorirsi.
Modi per progredire
[371] 11. Vorremmo precisare e concretizzare almeno alcuni dei modi nei quali noi gesuiti possiamo meglio rispondere a questa sfida rivolta alle nostre vite e alla nostra missione. Noi non crediamo che esista al mondo, e neppure all’interno di una stessa cultura, un unico modello di relazione tra uonini e donne che possa essere raccomandato e tantomeno imposto. Rileviamo piuttosto l’esigenza di fare molta attenzione a non interferire con modalità di intervento che alienino dalla propria cultura di appartenenza, e sottolineiamo la necessità di impegnarsi per facilitare un più organico processo di cambiamento. Dovremmo essere particolarmente sensibili ad adottare una pedagogia che non introduca ulteriori separazioni tra uomini e donne, già frequentemente sottoposti a forti pressioni da parte di culture o di forze socio-econorniche che tendono a dividere.
[372] 12. Invitiamo in primo luogo tutti i gesuiti a mettersi attentamente e coraggiosamente in ascolto dell’esperienza delle donne. Molte donne constatano infatti che gli uomini non le ascoltano affatto, mentre è chiaro che non vi è nulla che possa sostituire l’ascolto, condizione fondamentale per un cambiamente nei rapporti. Senza ascolto, ogni azione in questo campo, quantunque piena di buone intenzioni, rischia di passare accanto alle reali preoccupazioni delle donne e di confermare invece gli atteggiamenti di condiscendenza e il predominio maschile. L’ascoltare, in spirito di amicizia e di eguaglianza, è la risposta più pratica che possiamo dare ed è il fondamento della nostra mutua partecipazione alla riforma delle strutture ingiuste.
[373] 13. In secondo luogo, invitiamo tutti i gesuiti, come singoli e anche attraverso le loro istitnzioni, a collocarsi in una posizione di solidarietà con le donne. La concretizzazione di tale indicazione cambierà da Paese a Paese e da cultura a cultura, ma si possono quanto meno fare alcuni esempi:
[374] a) esplicito insegnamento, nei ministeri della Compagnia e specialmente nelle scuole e nelle università, della fondamentale eguaglianza tra uomini e donne;
[375] b) sostegno ai movimenti di liberazione delle donne, che si oppongono al loro sfruttamento e incoraggiano il loro ingresso nella vita politica e sociale;
[376] c) specifica attenzione al problema della violenza contro le donne;
[377] d) adeguata presenza delle donne nei ministeri e nelle istituzioni dei gesuiti, compreso il ministero della formazione;
[378] e) vero coinvolgimento delle donne nei processi di consultazione e di decisione riguardanti i ministeri della Compagnia;
[379] f) collaborazione rispettosa con le nostre colleghe nei progetti che condivi-diamo con loro;
[380] g) uso di un linguaggio appropriato nei discorsi e nei documenti ufficiali;
[381] h) promozione dell’educazione delle donne e, in particolare, eliminazione di tutte le forme di ingiusta discriminazione tra ragazzi e ragazze nei processi educativi.
Molte di queste cose, siamo felici di poterlo affermare, si stanno già praticando in molte parti del mondo. Noi sottolineiamo il loro valore e raccomandiamo che siano sviluppate a livello universale.
[382] 14. Sarebbe semplicistico pretendere che le risposte al problema di nuove e più giuste relazioni tra uomini e donne siano state tutte trovate o siano del tutto soddisfacenti. Possiamo invece prevedere che alcuni problemi concernenti il ruolo delle donne nella società civile ed ecclesiale matureranno con il tempo. Nell’impegno e nella ricerca perseverante, esponendosi alle diverse culture e riflettendo sulle esperienze fatte, i gesuiti sperano di partecipare al chiarimento di questi problemi e di far risaltare il senso della giustizia ad essi sotteso. Il cambiamento di mentalità che questo implica avrà inevitabilmente delle ripercussioni sull’insegnamento e sulla pratica ecclesiale. In tale contesto, noi chiediamo ai gesuiti di vivere, come sempre, con la tensione di chi vuole essere al tempo stesso fedele all’insegnamento della Chiesa e capace di leggere attentamente i segni dei tempi.
Conclusione
[383] 15. La Compagnia rende grazie per tutto ciò che è stato già fatto, spesso a prezzo di dure battaglie, per arrivare a più giuste relazioni tra donne e uomini. Ringraziamo le donne per l’esempio che hanno dato e continuano a dare, e ringraziamo in particolare le religiose, cui ci uniscono speciali legami, che sono state in molti modi all’avanguardia con il loro straordinario contributo alla missione della fede e della giustizia. Ma rendiamo anche grazie per ciò che la Compagnia e i singoli gesuiti hanno fatto per contribuire a questo nuovo genere di relazioni,fonti di grande ricchezza sia per gli uomini che per le donne.
[384] 16. Vogliamo soprattutto impegnare la Compagnia, in maniera più chiara ed esplicita, a riconoscere che questa solidarietà con le donne è parte integrante della nostra missione. Speriamo così che l’intera Compagnia consideri questo compito della riconciliazione tra uomini e donne, in tutte le sue forme, come parte integrante dell’odierna interpretazione del decreto 4 della Congregazione Generale 32ª. Noi sappiamo che un impegno intelligente e serio per realizzare questa riconciliazione piena di rispetto può sgorgare solo dal Dio dell’amore e della giustizia, che tutti riconcilia e che promette un mondo in cui “non c’è né giudeo né greco, non vi è né schiavo né libero, non vi è né maschio né femmina, perché tutti sono una sola cosa in Cristo Gesù” (Gal 3, 28).