Formula dell’Istituto della Compagnia di Gesù approvata da Paolo IIII
28 March 2013
CATEGORIEDocuments, Spirituality
TAGLa Formula predetta [cioè che contiene il progetto di vita di Ignazio e compagni] è del seguente tenore e suona così:
1. Chiunque, nella nostra Compagnia che desideriamo insignita del nome di Gesù, vuole militare per Iddio sotto il vessillo della croce e servire soltanto il Signore ed il Romano Pontefice suo Vicario in terra, emesso il voto solenne di castità, si persuada profondamente di far parte di una comunità istituita allo scopo precipuo di occuparsi specialmente del progresso delle anime nella vita e nella dottrina cristiana, e della propagazione della fede. [E ciò], mediante pubbliche predicazioni ed il servizio della parola di Dio, gli Esercizi spirituali e le opere di carità, ed espressamente, attraverso l’insegnamento della verità cristiana ai fanciulli e ai rozzi, e la consolazione spirituale dei credenti, con l’ascoltarne le confessioni. Faccia anche in modo di avere dinanzi agli occhi, sempre, prima d’ogni altra cosa, Iddio, e poi la forma di questo suo Istituto che è una via per arrivare a Lui, e di conseguire con tutte le forze tale fine propostogli da Dio. Ognuno, tuttavia, secondo la grazia comunicatagli dallo Spirito Santo, ed il grado proprio della sua vocazione, (affinché non avvenga che si abbia forse zelo, ma zelo non illuminato).
2. Il giudizio, sulla decisione a quale categoria appartenere, e sulla ripartizione e distribuzione degli incarichi, dipenderà completamente dal Superiore o prelato che ci eleggeremo, affinché si mantenga il debito ordine necessario in ogni comunità ben regolata. E questo Superiore, con il parere dei compagni, in Consiglio, avrà autorità di comporre Costituzioni utili al conseguimento del fine a noi proposto; salvo sempre il diritto di decidere a pluralità di voti. Il Consiglio, poi, negli affari importanti ed universali, deve intendersi costituito dalla maggior parte di tutta la Compagnia, che potrà essere convocata dal Superiore, comodamente. Negli affari correnti e particolari, invece, [il Consiglio sarà costituito] da coloro che capiterà siano presenti nel luogo dove il nostro Superiore risiederà. Il Superiore, d’altra parte, avrà pieno diritto di comandare.
3. Tutti i compagni sappiano e ricordino ogni giorno, non solo nei primi tempi di professione, ma finché vivranno, che la Compagnia intera ed i singoli [membri] militano per Iddio, fedelmente obbedienti al ss.mo signor nostro il Papa e agli altri Romani Pontefici suoi successori. E benché apprendiamo dal Vangelo, sappiamo per fede ortodossa, e crediamo fermamente che tutti i fedeli cristiani sono sottomessi al Romano Pontefice come a capo e a Vicario di Cristo, tuttavia, per una maggiore umiltà della Compagnia ed una più perfetta mortificazione di ciascun [suo membro], e l’abnegazione delle nostre volontà, abbiamo giudicato sommamente opportuno che ognuno di noi, oltre che dal comune vincolo, sia legato da voto speciale. In forza di esso, tutto ciò che l’attuale Romano Pontefice e gli altri suoi successori comanderanno come pertinente al progresso delle anime ed alla propagazione della fede, ed in qualsivoglia paese vorranno mandarci, noi, immediatamente, senza alcuna tergiversazione o scusa, saremo obbligati ad eseguirlo, per quanto dipenderà da noi; sia che ci invieranno presso i Turchi, sia ad altri infedeli, esistenti nelle regioni che chiamano Indie, sia presso gli eretici, scismatici o fedeli quali che siano.
4. Pertanto, coloro che si uniranno a noi, meditino a lungo e profondamente, prima di sobbarcarsi a questo peso, se posseggono tanto capitale di beni celesti, da potere, secondo il consiglio del Signore, condurre a termine questa torre. E cioè, se lo Spirito Santo che li muove prometta loro grazia sufficiente perché possano sperare, con il suo aiuto, di sostenere il peso di questa vocazione. E una volta che, per ispirazione del Signore, si saranno arruolati in questa milizia di Gesù Cristo, bisogna che, giorno e notte, cinti i fianchi, essi siano pronti a pagare un debito così grande.
5. Inoltre, affinché tra noi non sia possibile né sollecitare tali missioni o incarichi né rifiutarli, sappiano tutti indistintamente, che né direttamente né indirettamente possono trattare di tali missioni col Romano Pontefice, ma ne rimetteranno tutta la cura a Dio, allo stesso Pontefice, come Vicario di Lui, e al Superiore della Compagnia. Ed anche questi, come gli altri, dovrà impegnarsi a non brigare presso il Pontefice per essere inviato in un posto piuttosto che in un altro; salvo che ciò avvenga con il consiglio della Compagnia.
6. Ognuno faccia voto di volere obbedire, in tutto ciò che riguarda l’osservanza di questa nostra Regola, al Superiore della Compagnia. Egli, poi, prescriva quanto saprà convenire al conseguimento del fine propostogli da Dio e dalla Compagnia; memore sempre, nell’esercizio della sua autorità, della benignità, mansuetudine e carità di Cristo, e dell’esempio di Pietro e di Paolo. Tanto egli quanto il suo Consiglio si ispirino continuamente a tale norma. Ed espressamente ritengano raccomandata l’istruzione dei fanciulli e dei rozzi nella dottrina cristiana dei dieci comandamenti, e in altri simili rudimenti; ed in ogni altro argomento che, secondo le circostanze di persona, luogo e tempo, sembrerà loro conveniente. È molto necessario che a tale riguardo il Superiore ed il Consiglio vigilino diligentemente, perché, nei prossimi, l’edificio della fede non può essere innalzato senza fondamento; e, nei nostri, quanto più si sarà colti, tanto più si sarà tentati di sottovalutare tale servizio, a prima vista, poco allettante. I sudditi, poi, sia per i grandissimi vantaggi derivanti dall’ordine, sia per il costante esercizio dell’umiltà, virtù non mai abbastanza lodata, saranno tenuti ad obbedire sempre al loro Superiore, in ogni cosa riguardante l’Istituto della Compagnia. In lui dovranno riconoscere Cristo, come fosse presente, e degnamente lo riveriranno.
7. E poiché noi lo sappiamo, per esperienza, che più lieta, più pura e più edificante per i fedeli è la vita, quando è assolutamente lontana da ogni ombra di interesse e più conforme alla povertà evangelica; mentre, d’altra parte, siamo certi che Gesù Cristo nostro Signore darà vitto e vestito ai suoi servi che cercano unicamente il regno di Dio, [vogliamo che] tutti e singoli i nostri facciano voto di povertà perpetua. [Essa dovrà essere intesa] in modo che, non solo in privato ma neppure comunitariamente, possano acquisire diritti civili a beni stabili, proventi od introiti; ad uso o sostentamento della Compagnia; paghi soltanto di ricevere in uso [le cose indispensabili, date loro da chi le possiede, e di ricevere denaro e commutare] le cose donate loro per sovvenire alle necessità della vita.
8. Tuttavia potranno avere uno o più collegi nelle sedi universitarie, con diritto a rendite, entrate e possessioni da destinare all’uso e alle necessità degli studenti. La loro amministrazione, [poi], o sovrintendenza dipenderà completamente dai Superiori Generali o dalla Compagnia, per ciò che concerne la scelta dei rettori o superiori e degli studenti; l’ammissione o dimissione, l’accettazione ed esclusione, l’ordinamento degli statuti; la preparazione, istruzione, edificazione, ammonizione dei medesimi studenti. [Ed anche] la somministrazione del vitto e del vestiario, e di tutto ciò che riguarda il loro governo, direzione e cura. In modo tale che, né gli studenti possano abusare di questi beni, né la Compagnia sia in grado di convertirli in proprio uso, ma provveda, invece, ai bisogni degli studenti medesimi. Questi, poi, quando avranno dato prova dei loro progressi nello spirito e nella scienza, e saranno stati sufficientemente provati, potranno essere ammessi nella nostra Compagnia. Tutti i compagni che saranno sacerdoti, benché non abbiano benefici ecclesiastici e rendite da essi derivanti, sono tuttavia tenuti all’Ufficio [divino] secondo l’uso della Chiesa, ciascuno privatamente ed in particolare e non comunitariamente.
9. Ecco le grandi linee della nostra professione che, come in un disegno, abbiamo potuto tracciare con il beneplacito del signor nostro Paolo III e della Sede Apostolica. Questo è quanto abbiamo fatto, ora, allo scopo di informare sommariamente, con il presente scritto, e quanti ci interrogano sulla nostra maniera di vivere, ed anche i nostri posteri, se, a Dio piacendo, avremo forse imitatori in questo genere di vita E poiché già sappiamo per esperienza nostra che esso comporta molte e gravi difficoltà, abbiamo giudicato opportuno di stabilire che nessuno sia ricevuto in questa Compagnia se non dopo che, lungamente e molto accuratamente, sia stato provato e sia apparso prudente in Cristo e ragguardevole per purezza di vita cristiana e per dottrina. E soltanto allora sia ammesso nella milizia di Gesù Cristo. Al quale piaccia di favorire i nostri modesti inizi, a gloria di Dio Padre, a cui solo sia sempre lode e onore, nei secoli. Amen!