Leggi della crescita
- 1. Crescere in una relazione
Non si cresce da soli, si cresce soltanto in una relazione: in risposta a un appello, accordando la propria fede a una parola. Un bambino diventa uomo solo in risposta alla parola dei suoi genitori che lo chiamano a crescere, a entrare in relazione con altri. Solo dando fiducia alla loro parola egli entrerà nella società degli uomini.
Colui che non ha relazioni vere non crescerà; e, parlando di relazioni, io penso tanto alle relazioni interpersonali quanto all’inserimento in gruppi o in comunità costituite. E’ stato detto che le età della fede coincidono con le età della relazione: capacità di fede adulta e di relazione adulta vanno di pari passo. Ciascuno di noi riproduce nella sua relazione con Dio le caratteristiche della sua relazione con gli altri: possessività o oblatività, aggressività o fiducia.
L’esempio dei santi ci ricorda che si cresce nella fede solo crescendo nell’amore e nella carità. Ora, l’amore cresce solamente se supera lo stadio fusionale e narcisista nel quale nasce. Si voleva, di due, diventare uno… perché si ha paura di rimanere soli. Si ama perché si vorrebbe essere amati. Ma l’amore merita questo nome solo quando tende a oltrepassare questo clima fusionale per diventare amore dell’altro in se stesso, nel rispetto e nell’accettazione della sua differenza.
Lo stesso succede della mia relazione con Dio. Incontrare Dio è sempre un’avventura piena d’imprevisti in cui occorre continuamente accettare di perdere colui che si credeva di aver trovato. Il desiderio stesso di Dio, se è profondo e vivo, mi condurrà a fare l’esperienza dell’assenza di Dio. La fedeltà alle esigenze dell’amore conduce i mistici a fare l’esperienza della notte. Gesù non ha forse detto ai dodici: «E’ bene per voi che io me ne vada»?
Crescere in una relazione, significa accettare le morti che l’incontro dell’altro mi fa vivere.
- 2. Crescere in una storia
La crescita avviene soltanto nel tempo: accettato, riconosciuto, dominato; dunque nel rifiuto dell’immediatezza: nella rinuncia alla pretesa del tutto e subito. Il presente è senz’altro il luogo della conversione: «oggi è il giorno della salvezza». Ma il presente assume un significato cristiano soltanto se è riferito a un passato di grazia e si apre su un avvenire di promesse. Per crescere nello Spirito bisogna vivere il presente nel ringraziamento e nella speranza; o, se si vuole, bisogna vivere i tre aspetti del tempo—passato, presente e futuro—nel far memoria, nell’accoglienza e nella speranza.
a) Il passato vissuto come memoriale
La tradizione spirituale è unanime nel sottolineare l’importanza della memoria. «Maria conservava fedelmente tutte queste cose nel suo cuore» (Lc 2,51). Il memoriale è al centro della fede d’Israele: fare memoria dei doni di Dio, riconoscere Dio come colui il cui amore ci precede sempre, rileggere la propria vita come oggetto della benedizione di Dio, meravigliarsi di esistere nella grazia e nella benevolenza di Dio. Si tratta di scoprire il presente in questa continuità dei doni di Dio per coglierne la verità, la novità, l’originalità.
La crescita comincia con la memoria: è vero per gli individui e per i popoli sul piano culturale, è vero sul piano spirituale. Senza questa volontà di accogliere e di custodire i doni di Dio non c’è progresso spirituale possibile. Lo testimonia la tradizione cristiana che ha fatto nascere un genere letterario originale: l’autobiografia spirituale. Agostino, Ignazio di Loyola, Teresa d’Avila e molti altri ne sono un esempio. Cedendo a domande o pressioni fraterne, hanno accettato di rileggere la loro vita alla luce di Dio. Hanno spesso incominciato questo lavoro a malincuore, temendo di impiegare male il loro tempo, temendo di soddisfare una vanità nascosta, ma tutti hanno testimoniato che questo sforzo è stato per loro sorgente di un vero profitto spirituale. Il ricordo del passato ha suscitato in loro un profondo senso di gratitudine e ciò che avrebbe potuto essere soltanto una autobiografia personale è diventato un canto di lode alla misericordia di Dio, il magnificat della loro vita.
b) Il presente accolto nella fede
Questo presente, che il memoriale iscrive nella continuità dei doni di Dio, dobbiamo accoglierlo come è, come ci è offerto con i suoi limiti e i suoi condizionamenti. Non c’è nemico più subdolo della crescita umana e spirituale dell’idealismo e dei suoi rifugi immaginari: si sogna la propria vita invece di viverla, si mette l’essenziale altrove e domani. Si sognano dei cambiamenti, di ripartire da zero invece di vivere l’oggi di Dio. La verità della crescita spirituale si riconosce dalla capacità dell’individuo di affrontare il reale quale è. Il reale è ciò che mi circonda con tutte le dimensioni: la mia personalità con tutte le sue componenti, il mio ambiente di vita, la chiesa nella quale sono chiamato ad accogliere il Vangelo. . .
Il reale, sono anche i miei limiti e il mio peccato. Non si va a Dio «nonostante» i propri sbagli, si va a Dio «con» i propri sbagli. E c’è crescita vera solo se passa attraverso l’umile accettazione dei propri limiti e del proprio peccato. Lo Spirito può raggiungerci nei nostri sogni, ma sarà sempre per condurci al quotidiano della nostra vita. Tutto ciò che ci distoglie dal quotidiano ci distoglie dallo Spirito di Gesù.
Questo significa inoltre che non c’è crescita spirituale in direzione opposta ai segni dei tempi come sono percepiti nella comunione dei santi. Si è talvolta abusato di questa nozione di «segni dei tempi», dimenticando che si tratta di richiami dello Spirito. Dove riconoscerli meglio che nella familiarità con i santi di un’epoca? Di qui l’importanza, per crescere, di accogliere il presente partendo dalla corrente di santità che caratterizza una generazione e dalle convergenze che essa esprime. Non si potrebbe dire oggi che la santità del nostro tempo si riconosce in uno sforzo particolare per unire lotta e contemplazione, battaglia per la giustizia e testimonianza di fede?
c) Il futuro atteso nella speranza
L’incontro con Dio apre sempre su una promessa, un avvenire… Ciò significa che esso suppone un rischio e una rottura. C’è crescita soltanto nella accettazione di un rischio, di una partenza. Bisogna lasciare qualche cosa per un avvenire… saper attendere, sperare nella fede. Occorre sempre dire di sì a un dono e a un abbandono. Bisogna accettare di perdere la propria vita per trovarla. Ogni esperienza per quanto felice e appagante non è che un punto di partenza per una nuova ricerca, una nuova partenza.
Il Dio che dà un significato alla mia vita, il Dio che è luce e forza… il Dio che ho trovato, diventa il Dio assente che devo cercare ancora per trovarlo meglio. Questa assenza di Dio non sarà un ritorno al di qua dell’incontro, ma sarà un appello ad andare al di là. Ciò significa che c e crescita solo attraverso crisi e distacchi…. perché in essi e soltanto attraverso essi noi possiamo aprirci all’avvenire di Dio.
L’orizzonte delle promesse è sempre davanti a noi, ma noi siamo continuamente tentati di ridurlo all’orizzonte delle nostre speranze o dei nostri desideri, gretti e limitati nella loro stessa generosità.