nasce la rivista “La Civiltà Cattolica”, prima rivista in lingua italiana
16 July 2012
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TAGL’idea che ispira la fondazione della rivista è quella di entrare in dialogo con la cultura contemporanea al fine di preservare la “civiltà cattolica” dalle provocazioni risorgimentali dei massoni e dei liberali. Per questo si decide di utilizzare la lingua italiana e non il latino per favorire una più ampia divulgazione. Primo direttore della rivista è P. Carlo Maria Curci, ma a volerla è soprattutto Papa Pio IX (in quel momento esule a Gaeta).
Nella rivista possono scrivere solo gesuiti. Ad essa collaborano uomini di grande valore, come il Padre Luigi Taparelli d’Azeglio (fratello di Massimo), il Padre Antonio Bresciani e il Padre Matteo Liberatore.
La rivista ha subito un grande successo: del primo fascicolo, stampato in 4.200 copie, si devono fare sette edizioni successive. Dopo quattro anni la tiratura sale a 13.000 copie: numero notevole per l’epoca, tanto che il tipografo è costretto ad acquistare in Inghilterra una «macchina celere» in sostituzione di quella per la stampa a mano.
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nasce la rivista “La Civiltà Cattolica”, prima rivista in lingua italiana
L’idea che ispira la fondazione della rivista è quella di entrare in dialogo con la cultura contemporanea al fine di preservare la “civiltà cattolica” dalle provocazioni risorgimentali dei massoni e dei liberali. Per questo si decide di utilizzare la lingua italiana e non il latino per favorire una più ampia divulgazione. Primo direttore della rivista è P. Carlo Maria Curci, ma a volerla è soprattutto Papa Pio IX (in quel momento esule a Gaeta).
Nella rivista possono scrivere solo gesuiti. Ad essa collaborano uomini di grande valore, come il Padre Luigi Taparelli d’Azeglio (fratello di Massimo), il Padre Antonio Bresciani e il Padre Matteo Liberatore.
La rivista ha subito un grande successo: del primo fascicolo, stampato in 4.200 copie, si devono fare sette edizioni successive. Dopo quattro anni la tiratura sale a 13.000 copie: numero notevole per l’epoca, tanto che il tipografo è costretto ad acquistare in Inghilterra una «macchina celere» in sostituzione di quella per la stampa a mano.
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